lunedì 8 luglio 2019

Terza di quattro

Sono terza di quattro fratelli. 

Grazie a loro ho imparato un milione di cose. 

Come ad esempio l’arte della pazienza e del saper aspettare: prima o poi le magliette più fighe saranno tue anche se avranno ormai un sapore (e un odore) vintage. 

Ho imparato a rispettare il mio momento: nella lotta con i cuscini dopo averle prese le ho sempre ridate. 

Ho imparato che è importante fare da soli, ma che in squadra si può lavorare comunque bene e dall’inizio degli anni ‘80 abbiamo dominato il mercato ludico consumando tutti i giochi di società, oltre a crearne noi di sana pianta. 

Ho imparato che il gioco è gioco: non è maschio, non è femmina... e che mettersi in gioco ti regala una vita più bella e più vera. 

Ho giocato talmente tanto da essere a credito di emozioni per le prossime 6 vite. 

Ho imparato a sognare, facendo l’aeroplano sulle gambe dei miei fratelli e schiantandomi a volte sul parquet... non illudendomi così che tutti i sogni si possano realizzare. 

Ho imparato la solidarietà del gesto e del pensiero: il vaso di ceramica frantumato a terra dalla palla lanciata da tuo fratello, l’hai lanciata tu. 

Tutti per uno, uno per tutti. E quel vaso di ceramica non era poi un granché. 

Ho scritto racconti gialli poi drammatizzati in camera con mia sorella, la miglior motivatrice che potessi avere al mio fianco e per la mia crescita. 

Abbiamo imparato che insieme possiamo fare la differenza, ma anche danni, come quella volta che preparammo con la zia una cena e ognuno di noi mise un ingrediente a piacere. Ma quel piatto, di vomitevole gusto e mai più riproposto, ha un nome scolpito nella nostra memoria olfattiva che riporta le nostre iniziali: S.E.R.D.

Ho imparato che le emozioni hanno un milione di sfumature anche nei ricordi, che ognuno di noi oggi conserva rispetto al proprio punto di vista ed è bello ritrovarci e discutere “di quella volta in cui”. Ho capito che l’identità è unica e si costruisce negli anni; mi rimane incompreso il motivo per cui a carnevale mi avvolgessero nella carta igienica. 

La fratellitudine è un’eredità inestimabile che spendo ogni giorno in quello che faccio. 

sabato 22 giugno 2019

“Portrait”, mostra fotografica di Joe Oppedisano.

Voglio fotografare questo ricordo come una storia di connessioni, sliding doors, legami che tornano. 

Qualche anno fa mio padre, uomo poco avvezzo al mondo della rete ma tanto attento al mondo degli affetti, mi chiese di contattare Joe Oppedisano su facebook perchè vide pubblicata una foto di suo padre con in braccio il fotografo - allora bambino - nel suo (e loro) paese d’origine. 

Questa sua audacia nel cercare una connessione con quella tecnologia di cui fino ad allora non aveva riconosciuto un valore o capito la sua potenziale risorsa, mi portò a contattarlo e raccontargli quel ricordo e a ricevere da parte sua una bellissima accoglienza. 

Oggi ritrovo una sua “personale” nel paese dove mio padre ha conosciuto mia madre, messo su famiglia e lavorato tutta la sua vita. 

Stamani, con il cuore in mano, io, mia madre, mia sorella e mia figlia, siamo andate a vedere la mostra con gli occhi di  papà. 




Amo il potere magico della fotografia che, come la parola, è capace di tenere vivo un ricordo e permette di guardare tutto da una prospettiva diversa. 

giovedì 23 agosto 2018

Di vizi al mare e altre amenità

📍Costa sud occidentale della Sardegna, Golfo di Palmas. 

Mi piace ascoltare i discorsi degli sconosciuti intromettendomi per un attimo nella loro quotidianità per poi uscirne subito, di solito indenne e con la leggerezza che spesso mi accompagna. 

A volte, però, faccio veramente fatica a capire (in questo caso specifico, lascio da parte i miei limiti e i pensieri convergenti). Oggi la mia attenzione si é concentrata sulla frase di una mamma che in acqua, poco distante da noi, ha detto al figlio: “togliti questo vizio di stare sott’acqua”. 

🤷🏻‍♀️

Io e Sofia ci siamo guardate negli occhi e poi intorno e, giuro, abbiamo visto un sacco di gente in acqua con ‘sto vizio... indecorosa emulazione di massa o forse siamo di fronte ad una pandemia?

In questo caso é piú prudente scappare o buttarsi a pesce magari schizzando un pochino chi ha la pancia ancora da bagnare???

🐠💦🐟💦

Io non sono mai stata una figlia particolarmente coraggiosa ma da mamma ho imparato a non frenare con le mie paure un’inclinazione naturale di Sofia soprattutto, poi, se priva di rischio alcuno. 

E questo mare, giuro restando fedele alla ‘nduja, spinge all’ammirazione subacquea. 


mercoledì 3 gennaio 2018

Voglio un 2018 croccante

Voglio che sia un anno fatto di cose semplici e belle.
Tanto semplici da esaltarne la loro bellezza.
Tanto belle da onorare la loro semplicità.

Voglio che sia un anno che abbia l’ambizione di indossare una tuta da ginnastica non per vestire di pigrizia il divano ma per tenere in forma i pensieri e tutta la muscolatura intorno.

Voglio che sia un anno cazzuto.

Voglio che sia un anno che abbia appetito di affermazione e conquiste senza grassi idrogenati.

Voglio che sia un anno dove la fortuna, quella vera, non bussi accidentalmente alla porta ma che rimanga con il dito incollato sul citofono e insista perché qualcuno vada ad aprire.

Voglio che sia un anno carico di famiglia e di affetti veri.

Voglio che sia un anno carico di progetti e non buoni propositi.

Voglio che sia un anno pieno di sole e fiocchetti.










lunedì 4 dicembre 2017

Bicio is coming to down

Ho fatto l’albero di Natale da bambina, da ragazza, da adulta. 
Ho fatto l’albero di Natale da single, da fidanzata, da sposata, da separata. 
Ho fatto l’albero di Natale da figlia e da mamma. 
Ho fatto l’albero di Natale con mia figlia e con mia mamma.

Ho fatto l’albero di Natale con i tuoi, con i suoi, con chi vuoi. 
Ho fatto l’albero di Natale con la febbre, con la rosolia, con la salute che mi scoppiava addosso. 
Ho fatto l’albero di Natale con la neve, con la nebbia, con il sole. 
Ho fatto l’albero di Natale svogliata e felice come una Pasqua. 

Quest’anno ho fatto l’albero di Natale con il gatto. 

sabato 18 novembre 2017

Abituarsi all’emotività

Oggi abbiamo partecipato al nostro primo open day per la scelta della scuola superiore. 
Non mi fa tanta impressione l’idea che Sofia a settembre inizierà probabilmente un liceo... mi lascia un po’ spiazzata la sensazione di essere io mamma di una liceale. 
Non cambia niente nel nostro rapporto, sempre leggero ma con la capacitá di andare in profondità, ma cambia solo la percezione del tempo. 
La prospettiva futura. 
La novitá. 
Oggi abbiamo partecipato al nostro primo open day e mi entusiasma l’idea di superare questa nuova linea insieme, che sa di traguardo ma anche di nuova partenza. 
Delle grandi competenze e dei percorsi di approfondimento proposti (Dio mio quanto mi sono mancati alla sua etá gli open day e tutti gli sportelli attivi nella scuola), ho apprezzato la centralitá che i docenti hanno dato alla consapevolezza emotiva dei ragazzi... e poi lascia stare, c’è anche il percorso sportivo per i genitori!?!

giovedì 31 agosto 2017

Conoscenti sconosciuti. Inconsapevoli stelle comete.

Spesso mi affeziono ai conoscenti sconosciuti, quelle persone che attraversano la loro vita vicino alla tua senza fagocitarla o determinarla ma con le quali ti senti ugualmente connesso.
Sono persone che ti creano curiosità senza il bisogno di approfondirla o ricercare in rete per confermare loro che esisti o per capire quale mestiere facciano o perché anche loro corrano come te tutte le mattine… o dove li porterà mai la loro corsa o da quali pensieri siano guidati quando si fermano.
Prendono i mezzi dove li prendi tu oppure fanno la spesa dove la fai tu.
Molto probabilmente abitano vicino ma non abbastanza da accennare a un saluto (figli del clima sterile nordico).
Hanno abitudini simili alle tue e diventano un po’ i tuoi punti fermi, rassicuranti stelle comete che ti indicano che stai procedendo per la strada giusta.
Sono persone che sfiorano la tua quotidianità ignari della familiarità che senti per loro.

Come lei per esempio.
E dico lei anche se dovrei dire loro, figlia e madre, che incrocio insieme da anni controcorrente rispetto al mio percorso nonostante i miei lavori diversi, le mie case diverse, i miei umori diversi.
Nonostante, soprattutto, io cerchi di disorientare ogni tanto le mie abitudini e cambiare itinerario.

Ha una camminata claudicante sostenuta, nonostante tutto, da un buon passo e dalla presenza, a braccetto, di una madre semplice, ben vestita e sorridente.
Si somigliano molto e le trovo meravigliosamente dolci.
Una tenerezza che difficilmente mi genera una storia che non conosco.
Hanno una chiacchiera incalzante, lo sguardo dritto sulla strada, e non si fanno intimorire o sorprendere neanche dal brutto tempo.
Ho sempre fantasticato su quale potesse essere il senso della loro lunga passeggiata mattutina.
Ho immaginato ad un gesto materno accompagnato da un altrettanto e intenso sostegno ad una mamma forse rimasta sola.
Oggi, ferma al semaforo e in ritardo su tutto, ho buttato l’occhio verso la vetrina di un negozio di calzature che ho da sempre a portata di mano ma non ho mai guardato.
L’ho trovata lì, a spazzare il pezzetto di marciapiede fuori dal negozio.
Ora so dove arriva quando si ferma e questa cosa mi dà pace oltre ad avermi fatto venir voglia di comprare un paio di scarpe!

sabato 18 giugno 2016

Viaggiare in prima classe

Io e il nonno Garigliano stiamo percorrendo l'A1 e questa lunga linea di asfalto sta diventando il nostro DNA di racconti incrociati... tra punte di Giuseppe Piermarini nelle fila degli avi paterni e più modeste mutazioni genetiche da parte mia. 
Stiamo viaggiando comodi su una mercedes (un appunto per i ladruncoli da autogrill: lasciamo la macchina aperta con le chiavi nel cruscotto - scrivetemi in pvt) e ce la spassiamo. 
Thelma & Louise sono due collegiali che bigiano scuola a confronto. 
Ascolta - con la curiosità di un bambino e il divertimento di un nonno - i racconti su Sofia. 
Chissà che cosa si prova ad avere solo un nipote al mondo, chissà se è la stessa sensazione unica mista ansia dell'avere un figlio solo. 
Lo ascolto registrando ogni sua pausa e inflessione quando mi racconta di lui bambino e lo Smeraldo era un cinema varietá e ci stava dentro ore fino a sera tardi... Di quando sua mamma lo faceva cercare dal fidanzato della figlia della custode che era in polizia e arrivava l'attore del varietà sul palco recitando "ci giunge voce che ci sia un ragazzo di nome Garigliano... Garigliano l'hai visto abbastanza sto film, vai a casa". 
Ridiamo come cretini quando gli chiedo se ha un account gmail perchè me lo sta chiedendo il suo google maps e lui inizia a cercare in tasca... No, l'ha lasciato a casa. 
Mi dà grandi soddisfazioni quando incalza con "fammi un esempio di video virale" e dopo un minuto mi racconta di quando gli rubarono la Honda chiedendogli come riscatto "due gambe" e lui si scusó - da signore quale è - perchè non sapeva dove recuperare due gambe.... e di chi, poi? 
Anche il traffico non ci disturba, anche sbagliare indicazioni non ci scompone. 
Anzi. Ci stiamo organizzando per il prossimo viaggio. 
Per ora abbiamo scelto la macchina. 

martedì 31 maggio 2016

Imparare a volere bene

Mi spaventano le foto di “ordinaria normalità” che ci vengono proposte all’indomani di una violenza e che ci raccontano che, l’emozione di quel momento scattato, si può trasformare in furia omicida.

Mi spaventano perché le sento indice di una morbosità che va oltre l’accaduto che è già talmente feroce da non aver bisogno di essere sostenuto da immagini borderline, apparentemente così distanti ma tragicamente così parlanti.

 Mi spaventano perché ci obbligano a memorizzare quei sorrisi e alimentare l’odio verso un mostro, per il quale - col senno di poi - siamo tutti pronti a trovare la prevedibilità del gesto anche qualora non fosse reo confesso.

 Mi spaventano perché saremo ammaestrati nel tempo e se il dramma bucherà così tanto lo schermo da diventare “evento mediatico”, esso stesso  avrà il nome del suo carnefice e alimenterà salotti di ogni genere.

 Mi spaventano perché non vorrei sentire più parlare di #femminicidio, pensare di avere paura all’idea di conoscere il nuovo o - peggio ancora - all’idea che persone a me vicine possano subire un rischio per la semplice voglia di vivere.

Non penso unicamente a mia figlia, riflettere solo da mamma oggi mi farebbe sentire una persona limitata.

Dobbiamo imparare a perdere, dobbiamo metterci in gioco con gli altri e in discussione con noi stessi.

 Dobbiamo imparare a reggere le frustrazioni, a capire i nostri limiti e crescere… quanto ancora dobbiamo crescere come esseri umani!

 E dobbiamo scusarci con le nuove generazioni, spiegando ed insegnando loro che lo schifo a cui assistono e subiscono, non assomiglia al futuro che abbiamo pensato di dare loro.

venerdì 29 aprile 2016

Strappo al cuore

Abbiamo fatto un sacco di chilometri insieme. Siamo stati al mare, in montagna, mi hanno accompagnato al lavoro e custodiscono segreti che voi umani non potete immaginare.

Ultimamente peró sentivo la loro fatica.
Si lasciavano andare facilmente, avevano perso quell'entusiasmo dell'inizio... di quando ci piaceva stare appiccicati non curanti del tempo e degli altri.

Poi è arrivato il giorno sbagliato, quello dove il tuo ginocchio si mette di punta sulla loro parte più sensibile e delicata.
Succede che lo strappo è inevitabile e forse pensi che non sarà più come prima.


Ti convinci anche che puoi cambiare e diventare moderna per loro, che puoi uscire dai tuoi anni 90.
E pensi che quello strappo racconti la forza, perchè ve lo siete guadagnato insieme.

Poi arriva lei, lei che rappresenta le tue radici e che ti ricorda da dove vieni ma soprattutto dove andrai.
E decide di mettere mano alla tua cicatrice ma non come avresti voluto tu.
E finisce che finisce... non siamo più gli stessi e rimarrà solo il ricordo.

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